In occasione della Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo (2 aprile), Wired Italia ha dedicato un articolo all’argomento, pubblicando un GLOSSARIO dalla A (di adulti) alla V (di vaccino) per permettere a tutti di conoscere qualcosa di più sull’Autismo e sfatare qualche mito.
Eccolo qui:
A come Adulti
Sebbene le discussioni sull’autismo ruotino quasi esclusivamente attorno al mondo dei bambini, il disturbo è purtroppo una condizione permanente, di cui si continua a soffrire anche nell’adolescenza e nell’età adulta. Una problematica recentemente sollevata, tra gli altri, da Gianluca Nicoletti, genitore di Tommy, ragazzo autistico sulla soglia della maggiore età, sulle pagine della Stampa: “La scuola non potrà tenerselo parcheggiato ancora per molto”, scriveva Nicoletti qualche anno fa, “anche ogni centro pomeridiano di abilitazione e terapia ha scritto su Tommy la data di scadenza. A diciotto anni fuori, loro si occupano solo di bambini, massimo adolescenti. E da chi lo facciamo visitare se ha problemi? Di autismo ne sanno solo (pochi) neuropsichiatri infantili e lui ha barba e baffi”.
B come Bambini
I consigli migliori su come comportarsi con un bambino che soffre di disturbi dello spettro autistico sono quelli di Ellen Notbohm, scrittrice e, a sua volta, madre di un bimbo autistico. Come racconta nel suo libro 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, ecco il decalogo che i grandi dovrebbero sempre tenere a mente:
1. io sono un bambino;
2. i miei sensi non si sincronizzano;
3. distingui tra ciò che non voglio fare e non posso fare;
4. sono un pensatore concreto. Interpreto il linguaggio letteralmente;
5. fai attenzione a tutti i modi in cui cerco di comunicare;
6. fammi vedere! Io ho un pensiero visivo;
7. concentrati su ciò che posso fare e non su ciò che non posso fare;
8. aiutami nelle interazioni sociali;
9. identifica che cos’è che innesca le mie crisi;
10. amami incondizionatamente.
C come Cause
No, il vaccino trivalente Mpr (morbillo-parotite-rosolia) non c’entra nulla (si veda voce V – Vaccino). Le cause vere dell’insorgenza del disturbo dello spettro autistico, a oggi, non sono ancora chiare alla comunità scientifica, sebbene gli esperti siano concordi nel ritenere che la malattia sia multifattoriale e imputabile a cause genetiche e ambientali.
Per quanto riguarda le prime, nel 2014 la rivista Nature aveva pubblicato una lista di circa 100 geni probabilmente legati all’insorgenza del disturbo; un’équipe di ricercatori italiani, l’anno seguente, ha scoperto un meccanismo con cui le mutazioni di un gene correlato all’autismo riuscirebbero a compromettere la comunicazione tra neuroni. Si sa meno, purtroppo, sulle cause ambientali: sembra che possano influire l’età avanzata dei genitori al momento del concepimento, l’esposizione della madre all’inquinamento e un parto prematuro o con complicanze.
D come Diagnosi
Diagnosticare l’autismo non è semplicissimo. E, soprattutto, non è possibile farlo con certezza prima dei due anni, quando il quadro clinico del disturbo si è stabilizzato. Per “certezza” o “attendibilità” si intende che la diagnosi formulata da un esperto viene poi confermata da un altro medico a uno o due anni di distanza. I primi segni indicativi del disturbo, comunque, si possono osservare già intorno ai 18 mesi e, vista l’importanza di una diagnosi precoce, la scienza sta cercando di individuare i segni distintivi del disturbo il prima possibile (addirittura già nel grembo materno).
È importante, inoltre, sottolineare come il disturbo dello spettro autistico sia una malattia neurobiologica – e non un disturbo psicologico – dello sviluppo delle strutture cerebrali: nel cervello delle persone affette da autismo è stato infatti osservato uno sviluppo e un funzionamento atipico delle reti relative alle relazioni sociali e alla comunicazione.
E come Empatia
È una notizia degli ultimi anni, che sfata il mito secondo il quale gli autistici siano totalmente incapaci di provare emozioni ed empatizzare con gli altri. Stando ai risultati di uno studio pubblicato su Scientific Reports, infatti, le risposte a una serie di interrogativi etici e morali date da un gruppo di pazienti autistici sono analoghe, nel complesso, a quelle date da un gruppo di controllo di pazienti sani.
Il campione dello studio era estremamente ridotto, ma il risultato era in qualche modo indicativo di quanto sia campato in aria il mito secondo il quale le persone autistiche sarebbero persone del tutto insensibili e privi di morale.
F come Film
No, Rain Man non c’entra nulla. Con “linguaggio da film” (movie talk) ci si riferisce alla cosiddetta ecolalia, cioè la ripetizione ossessiva, da parte di chi soffre di disturbi dello spettro autistico, di parole, frasi, intonazioni o suoni udite da altri – spesso da film (donde il nome), canzoni o jingle. I bambini autistici spesso mostrano questo tipo di comportamento durante il processo di apprendimento del linguaggio verbale.
G come Gesti
Oltre a una difficile o del tutto mancante comprensione del linguaggio verbale, i soggetti autistici spesso non riescono a interpretare e riprodurre i gesti altrui, anche quelli più semplici e universali, come indicare un punto o scuotere la testa.
H come High Functioning Autism
Per autismo ad alto funzionamento si intende una condizione in cui il disturbo è presente in soggetti che hanno un quoziente intellettivo nell’intervallo di normalità, cioè superiore a 70. Tony Attwood, psicologo clinico considerato tra i massimi esperti di sindrome di Asperger, spiega che la definizione è utilizzata “per descrivere coloro che presentano i classici segni della condizione della prima infanzia ma che con lo sviluppo dimostrano un livello più elevato di capacità intellettiva nelle prove formali di valutazione delle abilità cognitive, con abilità comportamentali sociali e adattative superiori a quelle usuali per bambini con autismo”.
I come Iporesponsività
Per iporesponsività si intende un’“insensibilità anormale, o una reattività ridotta, agli input sensoriali, in cui il cervello non riesce a registrare adeguatamente gli stimoli in ingresso”. A causa di questa condizione, chi soffre di autismo potrebbe comportarsi, per esempio, mostrare un’elevata tolleranza al dolore, o comportarsi in modo particolarmente aggressivo, o antisociale, o ancora mostrare un’apparente mancanza totale di empatia (si veda voce E – Empatia) nei confronti degli altri.
A volte, invece, è presente il disturbo opposto, l’iperresponsività, caratterizzato da una sensibilità eccessiva ed anormale a stimoli che persone non affette da autismo considererebbero normali o ignorabili.
L come Linguaggio
I disturbi dello spettro autistico, tra le altre cose, comportano una compromissione marcata (ma altamente variabile da soggetto e soggetto) nel linguaggio e, più in generale, in tutte le capacità di comunicazione, sia verbali che non verbali. In particolare, come spiegano gli esperti della Fondazione Ares, nei soggetti autistici si osserva spesso “un ritardo o una totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato”, e anche in chi accede alla parola “risulta una marcata compromissione delle capacità a iniziare o sostenere una conversazione con altri: l’uso del linguaggio si presenta in modo ripetitivo e stereotipato e, spesso, è basato sull’ecolalia [si veda la voce F – Film, nda] immediata e/o ritardata”.
M come Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (o Dsm)
Il Dsm, ovvero Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder, è considerata la bibbia della psichiatria. È il compendio di tutti i disturbi mentali e dello sviluppo, arrivato qualche anno fa alla quinta edizione, che ha cambiato radicalmente il modo di intendere e diagnosticare l’autismo.
In particolare, il termine autismo è stato abolito in luogo di una nuova definizione, i cosiddetti disturbi dello spettro autistico, che racchiude una serie di patologie prima divise in cinque diverse categorie: disturbo autistico, sindrome di Asperger, sindrome di Rett, disturbo disintegrativo della fanciullezza e disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato. A partire da questa diagnosi generale di disturbo dello spettro autistico, il Dsm V fornisce numerosi indicatori (gravità dei deficit socio-comunicativi, competenze linguistiche, presenza e tipologia dei comportamenti ripetitivi, di ritardo mentale, di patologie correlate, etc.), per poi definire un quadro clinico molto particolareggiato.
In questo modo, nelle intenzioni degli autori del manuale, dovrebbe essere più semplice la scelta della migliore combinazione dei 10-15 modelli di intervento oggi disponibili, gli stessi presenti nella Linea guida dell’Istituto superiore di sanità del 2011.
N come Numeri
Secondo le stime dei Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, risalenti al 2016, il disturbo dello spettro autistico ha una prevalenza di circa l’1%, almeno nella popolazione di nord America, Asia ed Europa, anche se la stima varia tra una persona su 150 e una persona su 54.
Assolutamente da sfatare il mito dell’epidemia: il fatto che i casi riconosciuti di autismo siano molto aumentati negli ultimi anni negli Stati Uniti dipende con ogni probabilità dall’aumento della consapevolezza da parte dei genitori e da migliori strumenti diagnostici a disposizione della comunità medica. Attualmente, in Italia ci sarebbe circa un bambino su 77 con disturbi dello spettro autistico.
O come Ossessioni
I comportamenti di tipo ossessivo-ripetitivo sono molto frequenti in chi soffre di disturbi dello spettro autistico. I bambini, spesso, mostrano un interesse molto forte verso un tipo particolare di oggetti o parti di essi o per determinate attività. Possono compiere, inoltre, movimenti ripetitivi o inusuali, o pensare compulsivamente a uno specifico argomento senza alcun motivo apparente.
Q come Qualità della vita
Migliorare la qualità della vita di chi soffre di disturbi dello spettro autistico e dei propri familiari è attualmente possibile. Purché ci si attenga a delle linee guida che permettano loro di usufruire di una presa in carico multidisciplinare continuativa e coordinata della patologia, che comprenda, tra le altre cose, una diagnosi precoce (si veda la voce D come Diagnosi), una valutazione funzionale del disturbo, un trattamento individualizzato tagliato su misura, una collaborazione con la famiglia e l’organizzazione di una rete di servizi socio-sanitari per l’intero ciclo di vita (si veda la voce A come Adulti).
R come Ritualità
Per rituali, secondo la definizione del portale Autismspeak, si intendono “comportamenti specifici e apparentemente privi di senso che un bambino autistico ripete in diverse situazioni o circostanze, come accendere e spegnere la luce più volte quando si entra in una stanza”.
S come Sintomi
I sintomi del disturbo dello spettro autistico sono estremamente variabili da soggetto a soggetto. Tra i possibili campanelli d’allarme elencati dai Cdc: non rispondere se chiamati dopo il primo anno d’età, fuggire il contatto visivo o fisico; tendere all’isolamento; dare risposte non correlate alle domande; mostrare interessi e comportamenti ripetitivi o ossessivi; mostrare ritardo nelle capacità linguistiche; mostrare reazioni esagerate per piccoli cambiamenti nella routine; avere difficoltà nel comprendere i sentimenti altrui e nell’esprimere i propri.
T come Terapia
Al momento, purtroppo, non esiste alcuna cura che permetta di guarire permanentemente dal disturbo dello spettro autistico. Esistono tuttavia una serie di interventi che, specialmente se messi in atto per tempo, possono apportare dei miglioramenti significativi nella qualità della vita del paziente e nello sviluppo della malattia. Tra questi, per esempio, ci sono terapie cognitivo-comportamentali per lo sviluppo del linguaggio e per l’adattamento all’ambiente fisico e all’interazione con gli altri, il cui risultato dipende dalla gravità del disturbo e dalla presenza o meno di un ritardo mentale associato all’autismo.
U come Udito
In virtù dell’iporesponsività (si veda voce I come Iporesponsività) di molti soggetti autistici, spesso dall’esterno si ha l’impressione che questi siano sordi o ipoudenti. In realtà, le loro capacità uditive sono assolutamente normali – è il cervello a non riuscire a registrare ed elaborare appropriatamente gli stimoli uditivi in ingresso.
V come Vaccini
È una delle bufale più dure a morire, sebbene sia stata ormai sbugiardata in tantissime occasioni. La tesi secondo cui la somministrazione di vaccino trivalente Mpr (contro morbillo, parotite e rosolia) avrebbe un legame con l’insorgenza di autismo non ha alcuna base scientifica. Tutto cominciò nel febbraio del 1998, quando un medico inglese (ora radiato dall’ordine), Andrew Wakefield, pubblicò un articolo (ora ritirato) sulla prestigiosa rivista Lancet, in cui si sosteneva che 8 bambini avevano sviluppato malattie gastrointestinali e regressione nello sviluppo (autismo) in seguito alla somministrazione del vaccino. La successiva analisi dei dati di Wakefield ha mostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che si trattava solo di una truffa architettata per trarre benefici economici dalle cause intentate contro le aziende farmaceutiche produttrici del vaccino.
Fonte: WIRED ITALIA