Il volume gioca su molti livelli di senso. Anche se l’articolazione dei capitoli è lineare, il primo introduttivo, il secondo storico, il terzo sul dibattito critico contemporaneo, Valtellina ha cercato di complicare l’architettonica e di sottrarsi ad alcuni canoni della produzione delle scienze sociali, per un verso spaziando tra ambiti disciplinari differenti, per l’altro cercando di sviluppare alcuni raccordi tra livelli interpretativi, talvolta in modo implicito, trasversalmente rispetto allo sviluppo del testo. Nella sostanza vuole essere un’ontologia storica delle disabilità relazionali, la mappatura di un discorso centrale al tempo presente. L’autismo è un hype, qualcosa che insiste nel discorso contemporaneo; quello dell’autore è un tentativo di mappare le prospettive sull’oggetto, di spiegarlo come modalità specifica, di rendere conto di un orizzonte di non conformità alle attese dell’interazione in presenza, di mostrarlo come oggetto.