Ai coniugi Isaacson nasce un figlio che, dopo qualche anno, capiscono essere autistico. Ha problemi di comunicazione ma soprattutto improvvisi scoppi di disperazione ed ira, inspiegabili e insanabili se non, scoprono ad un certo punto, in sella ai cavalli. Il bambino ha infatti un rapporto intimo e peculiare con tutti gli animali. Come molti autistici è fissato con qualcosa in particolare, un ambito del quale sembra conoscere e capire tutto: gli animali.
Disperati per i molti problemi e le poche risposte della medicina i coniugi intraprendono un folle viaggio verso la Mongolia perchè hanno saputo che lì lo sciamanesimo è una forma di medicina riconosciuta e in una certa regione è praticato assieme all’ippoterapia.
La prima cosa a stupire di Horse Boy è la dedizione documentaristica e l’occhio spietato con il quale i genitori hanno concesso di riprendere le crisi e la malattia del figlio. Non c’è niente di edulcorato e l’impressione è che si volesse rendere senza sconti lo sfinimento umano cui un figlio autistico a questo livello può portare dei genitori. Scelta significativa perchè aiuta a comprendere come sia stato possibile decidere di intraprendere un simile folle viaggio (si parla di giorni interi a cavallo e settimane in tenda con un bambino che urla di continuo e non è capace ad andare di corpo autonomamente) misurando la caparbietà degli esseri umani in campo, la caratura dei loro sentimenti, la forza della loro determinazione e facendoli passare immediatamente da persone reali a personaggi, identificabili per solo alcune caratteristiche salienti (la madre addirittura non ama cavalcare).
Il viaggio degli Isaacson, quel che succederà prima con gli sciamani e poi al ritorno a casa, è materia da grandissima narrativa che solo una decade fa sarebbe arrivata al cinema sotto forma di cinema di finzione, come adattamento “tratto da una storia vera” (esiste una tradizione florida in materia di racconti su genitori che si battono per curare i propri figli) e non stupisce che in questo periodo di maturazione del documentario, inteso come genere, possa essere raccontata senza violenze finzionali ma mantenendo intatto il suo coefficente di impressionante realismo, i suoi volti normali, i suoi corpi medi e le sue reazioni mostruosamente normali.